Claudio Palandrani, architetto e storico del territorio lunigianese, docente presso il Liceo Artistico “A. Gentileschi” di Carrara, è membro del CLSD dal 2007 e collaboratore prezioso fin dal 2003.
Ha portato a definitiva determinazione il “Termine ad quem" della venuta di Dante in Lunigiana stabilito da Livio Galanti nel 1965 (12 aprile del 1306). A lui si devono pure la migliore delle edizioni divulgative sul tema “Dante e la Lunigiana” e il progetto dell'Epigrafe Dantesca del Centenario, realizzata nel 2008 per l'arte bronzea di Mauro De Angeli e i versi dello scrivente, opera affissa a Mulazzo sulle mura esterne della “Casa di Dante in Lunigiana”.
Un altro suo grande lavoro è lo studio architettonico della fondazione della Città di Massa rinascimentale, ove l'Autore ha scoperto notevoli elementi di chiara tradizione
neoplatonica.
Stiamo parlando, dunque, di uno dei grandi protagonisti della cultura lunigianese contemporanea.
Ebbene, Claudio Palandrani è anche un valente pittore e, ovviamente, uno degli estensori del "Manifesto per l'Arte del III Millennio" assieme ad altri membri CLSD quali Oreste Burroni, Dante
Pierini e lo scrivente, e ad altro intellettuale come Claudio Lanzi, dell‟Associazione “Simmetria”, in Roma.
Palandrani si muove da sempre lungo il difficile filone dell'Astrattismo. Si dirà: “Beh, è un po' difficile coniugare l'arte astratta con un manifesto dedicato alla Bellezza intesa in senso
neoplatonico”.
Niente affatto. Intanto le premesse sono molto chiare. Leggiamo quanto segue su una bella scheda dell'artista in distribuzione presso il suo studio di via Solferino 2, a Carrara: «Mi oppongo
alla post-modernità, all'idea stessa della crisi dell‟Arte che essa sottende, alle frammentazioni individualistiche che essa genere come metastasi prodotte dalla dissoluzione della modernità. Non
penso che il pensiero moderno sia finito, che si sia estinto il portato di idee che esso ha trasmesso. Ecco perché mi interessa ricostruire un collegamento, interrotto senza essere stato portato
a compimento, con la pittura italiana astratta degli anni 40-70».
Come si vede, anche Palandrani, come il Manifesto, guarda indietro. Non solo: guarda con disprezzo alle metastasi “prodotte dalla dissoluzione della modernità”. Vale a dire: la Modernità non
è affatto quel cancro nichilista che qualcuno ha interesse a far proliferare: quella è la sua distruzione, a cui il mondo pare assistere passivamente.
Solo che mentre il Manifesto, con visione certo necessariamente più ampia, suggerisce di ripartire dai Preraffaelliti, Palandrani, come impegno personale, parte dalla fase iniziale
dell'Astrattismo per ritrovarne la valenza autentica.
E come potrebbero essere indicati esenti da Bellezza i cromatismi e le Forme stesse prodotte dall'Artista?
Possono veramente definirsi inadeguati al destare Stupore i suoi quadri?
Noi diciamo, anzi, che Palandrani è la dimostrazione che anche in un terreno arduo come la speculazione astratta la Bellezza può sempre fare la sua splendida e salvifica
apparizione.
(Mirco Manuguerra in "Lunigiana Dantesca" bolletino online del Centro di Studi Danteschi)
Nel 1958 Guy Debord affermava in modo provocatorio ma definitivo: “Il fine tradizionale dell’estetica è di far sentire, nella privazione e nell’assenza, certi elementi passati della vita che per una mediazione artistica, sfuggirebbero alla confusione delle apparenze, essendo allora l’apparenza ciò che subisce il regno del tempo”. Il grado della riuscita estetica si commisura dunque ad una bellezza inseparabile dalla durata, e tendente anche ad una pretesa di eternità.
L’Arte diventa, dal punto di vista della sua totalità, un metodo di costruzione sperimentale della vita quotidiana che si sviluppa in permanenza con l’estensione del piacere di vivere. Non a caso l’arte, oggi, acquista una valenza più ampia del senso classico; oggi l’arte viene associata ai piaceri della vita, la cucina, il bere lo stare insieme.
L’Arte può così cessare di essere un rapporto sulle sensazioni per diventare una organizzazione diretta delle emozioni superiori.
Questo percorso che Palandrani compie ad ampie falcate evita di approdare nei comodi porti della comoda e sicura banalità ripetitiva, ma affronta il mare in tempesta della scoperta di nuovi desideri espressivi, come onde enormi, ma che portano inevitabilmente ad una crescita e ad una perenne spinta verso nuovi approdi che saranno inevitabilmente provvisori e mai definitivi; la distruzione di forme definite e definitive per proporre emozioni informali soggettive/oggettive che da una parte offrono una libertà di interpretazione ma dall’altra impongono un impegno nel cercare di comprendere l’impatto che le stesse hanno con la nostra sensibilità.
L’Arte in quanto tale non può essere semplificata ma, per contro, deve essere sempre popolare nella sua accezione più elevata, cioè rivolta a tutti, in modo che ognuno ne possa trarre ciò che è in grado di comprendere. Il linguaggio artistico è per forza di cose un linguaggio simbolico e la dialettica dei simboli è in assoluto la forma più democratica di comunicazione, proprio perché permette ad ognuno di comprendere secondo le proprie capacità ma anche di crescere fin tanto che si mantiene alta la curiosità e il desiderio di comprendere.
Ciò che caratterizza l’arte “popolare” è un’espressione vitale, diretta e collettiva, questo fa sì che l’artista soddisfi il suo desiderio di creare, rimanendo in conflitto permanente fra la cultura esistente per proiettarsi verso una cultura futura e in un divenire continuo.
La creatività non può mai essere vincolata a schemi, ma deve essere eretica e deve saper rompere le gabbie mentali per ritrovare quella armonia che nasce dal caos creativo dell’artista e mescolarsi nella confusione emozionale di chi osserva e ascolta l’arte.
La memoria corre ai momenti sconvolgenti, quali i musicali silenziosi di John Cage, la pittura monocroma di Klein e le macchie movimentate di Tinguély, alle performances rivoluzionarie del gruppo Cobra, situazioni artistiche create per affermare ciò che apparentemente sembra un paradosso ma nella realtà è un’indicazione di progresso, solo attraverso la rottura delle regole e degli schemi si potrà avere quell’ordine naturale delle cose che determina i confini senza chiudere le porte, mantiene l’isolamento e l’autonomia dell’artista ma lo inserisce in un contesto di condivisione e di contaminazione che ne fanno un autore collettivo, si viene così a ristabilire quell’armonico rapporto fra la natura e l’espressione interiore che è madre di idee, di colori, di parole e di musiche.
Ben fa Claudio ad affermare “Oggi viviamo un'esperienza estetica che, per molti aspetti, potremmo definire post-bellica. Siamo devastati dalla mancanza di bellezza ed abbiamo bisogno di rigenerarci esteticamente, cioè interiormente e percettivamente, guardando al futuro in modo da squarciare il velo oscuro che avvolge la nostra anima, spesso divenuta insensibile al Bello, ai Colori, all'Aria, all'Acqua, alla Natura.
C’è bisogno di un'arte che aiuti la gente a sperare in un futuro nel quale gli elementi del mondo naturale tornino a guidarci nella vita e nei comportamenti di tutti i giorni.
La mia pittura è astratta, cioè non rappresenta oggetti della realtà. Tende piuttosto a rappresentare l’anima della realtà, cioè l’essenza di una Natura naturante che, rigenerando se stessa, rigenera anche la nostra capacità-possibilità di interpretarla in modo sempre nuovo e positivo”.
In questa affermazione possiamo ritrovare la dirompente vitalità rivoluzionaria dell’Internazionale Situazionista, che stravolge il Dadaismo e il Lettrismo per affrontare l’infinita prateria della libertà di espressione e della libertà di pensare, che offre, a fronte di una grande fatica, una gioia incommensurabile rendendo il piacere di vivere veramente a pieno le emozioni del nostro “dentro” e rapportarle anche al nostro “Fuori”.
Sostanzialmente affrontare appieno la vita artistica e fantastica al fine di renderla reale e concretizzare così lo slogan che recita “tutto il potere all’immaginazione”.
“La vita morale dell’uomo fa parte della materia dell’artista. La moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto” (Oscar Wilde)
Angelo “Ciccio” Delsanto ,La Spezia, agosto 2017
Presentazione al vernissage della mostra
di Claudio Palandrani tenuta a Marina di Massa
Villa Cuturi, dal 24 agosto al 2 settembre 2017